Viaggi – Il pozzo di san Patrizio

Orvieto è una piccola città dell’Umbria meridionale (in provincia di Terni), molto vicina al confine con il Lazio ed è anche molto facile da raggiundere da Roma sia in autostrada che in treno. Paradossalmente è collegata alla capitale meglio di Perugia, che è il capoluogo dell’Umbria. Si tratta di una città che credo valga la pena visitare, specialmente il Pozzo di san Patrizio.

Veduta della città di Orvieto (da Wikipedia)

La città è una roccaforte naturale, costruita su un’altura tufacea e circondata da una spettacolare cinta muraria molto ben conservata. Oltre alle numerose architetture religiose e alla fortezza di Albornoz (il duomo è uno spettacolare esempio di archittettura medioevale), l’attrazione più spettacolare di Orvieto è il pozzo di san Patrizio.

Ingresso del pozzo di san Patrizio (da Wikipedia)

Il pozzo si trova attiguo alla fortezza della città ed è stato voluto da papa Clemente VII, che nel 1527 si recò a Orvieto per sfuggire al sacco di Roma compiuto dei lanzichenecchi nello stesso anno. Lo scopo di tale infrastruttura era rendere la città ancora più facile da difendere, fornendo alla popolazione acqua potabile anche in caso di un lungo assedio.

Il progetto fu affidato all’architetto Antonio da Sangallo il Giovane, che realizzò qualcosa di assolutamente indimenticabile. Scavò nel tufo sul quale sorge Orvieto un pozzo cilindrico per 54 metri, fino a intercettare la vena d’acqua sottostante. Ma la sua opera geniale è il metodo di accesso all’acqua, che non viene tirata su con secchio e carrucola come avviene nella gran parte dei pozzi. Intorno al cilindro del pozzo furono scavate due scale a spirale indipendenti, abbastanza grandi da permettere il passaggio di un mulo. Antonio da Sangallo progettò le scale in modo che non si incontrassero mai, grazie a una  forma a doppia elica come quella che secoli dopo si scoprirà tipica del DNA. L’unico punto di incotro delle due scale è la passerella che si trova sul fondo del pozzo, poco sopra la superficie dell’acqua. Le due scale sono illuminate da 70 finestre ricavate nella parete cilindrica, che permettono di vedere il fondo man mano che si scende. Per via della foma a doppia elica, ogni finistra ne ha di fronte sempre una dell’altra scala.

Grazie a questo ingegnoso sistema è possibile scendere lungo una scala e risalire attraverso l’altra senza mai intralciare chi si sposta in direzione opposta. In questo modo era possibile trasportare l’acqua in superficie a dorso di mulo in modo continuo e senza interruzioni.

Percorrere tutti i 248 gradini della doppia elica è un’esperienza affascinante. Durante la discesa si respira un’atmosfera quasi magica ed è interessante provare a immaginare come le due scale si intreccino senza mai incontrarsi, dato che l’ingresso e l’uscita della struttura sono del tutto indipendenti. Le scale sono dotate di luci elettriche e sarebbero piuttosto buie se fossero illuminate solo dal lucernaio, al contrario invece del ponte sull’acqua che è illuminato a giorno dal Sole.

Una volta raggiunto il fondo è affascinante guardare verso l’alto (foto qui sopra), perché la luce che entra dal lucernaio genera un interessante effetto ottico nascondendo la cima e il tetto. Da questa prospettiva sembra che il pozzo si perda in una luce abbagliante, la calda e accogliente luce del mondo esterno in cui torneremo a breve, basta solo scalare fino in cima la seconda scala elicoidale.

In definitiva, in caso passiate per Orvieto vi consiglio assolutamente di visitare questa affascinante infrastruttura.

Ivan Berdini

Zoologo e appassionato di fotografia