Quanti tipi di DNA ci sono in una cellula?
Può sembrare una domanda assurda, ma non lo è: in una cellula ci sono almeno due tipi di DNA, localizzati in due diversi organelli e con funzioni differenti.
La struttura del DNA
Il DNA è una complessa molecola organica che contiene tutte le istruzioni che permettono il funzionamento delle cellule, regolando la complessa “macchina biochimica” che le mantiene in vita. La sigla DNA sta per la versione inglese di Acido DesossiriboNucleico, abbreviato sempre nelle tre lettere per via della complessità del nome. La struttura di base è la stessa in tutte le forme di vita: si hanno due filamenti formati da catene di un particolare zucchero (il desossiribosio), che sono avvolti l’uno sull’altro a doppia elica e sono collegati da dei “ponti” di basi azotate. Le basi sono l’adenina (A), la timina (T), la guanina (G) e la Citosina (C), che si legano le une alle altre sempre allo stesso modo, un po’ come le costruzioni: l’adenina si lega solo alla timina, mentre a guanina solo alla citosina. In questo modo ogni filamento di DNA separato permette di sintetizzare l’altro semplicemente assemblandogli sopra le basi corrispondenti, come se fosse uno stampo.
Procarioti ed eucarioti
Esistono due tipi fondamentali di cellule: procariote ed eucariote. Le prime sono quelle batteriche e sono molto semplici, infatti sono del tutto prive di nucleo e di orgenelli cellulari. Il loro DNA è un unico e lungo cromosoma circolare, che è libero nel citoplasma e ammassato nel centro della cellula a formare una struttura chiamata nucleoide.
Le cellule eucariote invece sono molto più complesse, dato che posseggono al loro interno organelli ben sviluppati e distinguibili tra cui il nucleo, il reticolo endoplasmatico, i lisosomi, i mitocondri e molti altri. Sono formati da cellule di questo tipo organismi come per esempio piante, animali e funghi.
Il DNA degli eucarioti è contenuto nel nucleo ed è avvolto intorno a un’impalcatura proteica fino a formare i cromosomi, il cui numero è variabile in base alla specie. Per esempio, l’Homo sapiens ha 23 coppie di cromosomi, per un totale di 46, mentre i cani ne hanno 39 (per un totale di 78) e gli scimpanzè 24 (per un totale di 48). Il DNA umano in totale contiene circa 23.000 geni ed è molto lungo: in ogni cellula ne contiene circa 2 metri.
Questo DNA è chiamato nucleare e si eredita da entrambi i genitori: il 50% è di origine materna, l’altro 50% di origine paterna.
Il DNA mitocondriale
All’interno delle cellule eucariote si trova un secondo tipo di DNA, contenuto nei mitocondri. Il DNA mitocondriale (abbreviato in mtDNA) è diverso da quello nucleare e si trova all’interno dei mitocondri, i quali sono gli organelli che si occupano di produrre e distribuire l’energia al resto della cellula. Il mtDNA è molto breve, quello umano per esempio contiene solo 37 geni che codificano enzimi necessari al ciclo di Krebs, ossia la serie di reazioni che avvengono all’interno del mitocondrio. È strutturato in un cromosoma cicolare molto simile a quello dei batteri, questo suggerisce una possibile origine per i mitocondri che vedremo tra poco.
Al contrario di quello nucleare, che si eredita in egual misura da entrambi i genitori, quello mitocondriale è sempre solo di origine materna.
Esistono addirittura cellule che hanno anche un terzo tipo di DNA: i cloroplasti sono organelli tipici delle cellule vegetali e assenti in quelle animali, che si occupano di svolgere la famosa fotosintesi clorofilliana. Questi organelli hanno un loro DNA proprio come i mitocondri e molto probabilmente hanno avuto un’origine molto simile alla loro.
Perché i mitocondri hanno un loro DNA?
La presenza di DNA all’interno di mitocondri e cloroplasti ha suggerito un’orgine molto particolare per questi organelli, chiamata teoria endosimbiotica. Secondo questa teoria, mitocondri e cloroplasti sono dei simbionti cellulari, cioè sono organismi diversi e indipendenti che vivono all’interno delle cellule, questa convivenza dà ovviamente vantaggi a entrambi.
Probabilmente miliardi di anni fa, agli albori della vita, i primi organismi eucarioti fagocitarono dei batteri che per qualche motivo non furono digeriti, acquisendo dei vantaggi inaspettati. Per esempio, il mitocondrio è stato inglobato nelle cellule eucariote circa 1,5 miliardi di anni fa. Nel corso dell’evoluzione la simbiosi è diventata sempre più stretta fino a diventare irrinunciabile, addirittura la gran parte dei geni del simbionte sono stati trasferiti nel nucleo dell’ospite, lasciando in situ solo quelli più essenziali.
Sono molte le prove a favore della teoria endosimbiotica, come per esempio:
- Il DNA mitocondriale è organizzato in un cromosoma circolare molto simile a quello dei batteri. Quello dei cloroplasti è organizzato allo stesso modo.
- Mitocondri e cloroplasti sono circondanti da più strati di membrane e quello più interno ha una composizione chimica molto simile a quella delle membrane cellulari dei batteri.
- Al contrario di tutti gli altri organelli, mitocondri e cloroplasti non vengono prodotti dalla cellula ospite, ma si replicano autonomamente per scissione binaria. Esattamente come fanno i batteri.
Ci sono molte altre prove, ma ben più complicate. Noi ci accontentiamo di queste che comunque sono molto convincenti.
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